21 agosto, 2007

Tantalo

Tantalo era un titano e si diceva fosse figlio di Pluto per via delle ingenti ricchezze accumulate dalle miniere della Frigia. Aveva tenuto nascosto il mastino d'oro rubato al dio della metallurgia Efesto e spergiurò di non averlo mai visto né di averne mai sentito parlare. Ma il motivo per cui figura tra i grandi puniti è il misfatto compiuto ai danni del suo figliolo Pelope, quando lo presentò arrosto al banchetto degli Dei.
La condanna inflitta a Tantalo dal sommo Zeus fu l'eterna tortura della fame e della sete, appeso nella palude tartarea ai rami di un albero sovraccarico di ogni qualità di frutti. L'acqua in piena saliva fino all'altezza del suo mento ma non appena Tantalo chinava il capo e protendeva le labbra arse per bere... l'acqua subito si ritirava e lasciava solo nero fango ai suoi piedi. Quando poi esasperato dai morsi della fame, tormentato dal bisogno di cibo, allungava il braccio e protendeva la mano per afferrare una mela matura, una pera o un fico dolcissimo... un soffio di vento gli allontanava il ramo dalle dita e l'agognato frutto cadeva nella melma.

L’olimpico Zeus, toccato nel cuore dall'efferato delitto commesso da Tantalo ai danni del proprio figliolo, impose a Mercurio il pietoso compito di riportare Pelope alla piena integrità. Raccolti ad uno ad uno gli sparsi resti del fanciullo, Mercurio li fece bollire nel latte in un calderone sorretto dal tripode. Le membra separate ora si stavano saldando bene insieme, ma c'era un pezzo mancante: la spalla che Teti aveva inavvertitamente mangiato. Per porvi rimedio, la figlia di Nereo fabbricò una spalla in avorio di delfino e la sostituì alla mancante. Rhea, soffiò in Pelope la vita e mentre Pan danzava per la gioia, il ragazzino uscì vivo e raggiante dal calderone. Lo splendore della sua bellezza adolescenziale colpì tanto profondamente Posidone che il dio del mare lo volle con sé sull'Olimpo e ne fece il suo personale coppiere.
Questo supplizio di Tantalo somiglia al mio.