28 febbraio, 2007

Pensieri della notte

Sono forte.
Sono io.
Non sono quello che dovevo essere.
Le umiliazioni subite non mi hanno dato insicurezza ma tanta forza.
Forse qualcosa è dentro e ci salva dal troppo.
Forse gli zii che mi portavano via dall'inferno tutti i fine settimana.
E che ci mostravano una vita diversa.
In cui si era liberi di dire, di fare, di ridere, di chiedere.
Di sperimentare il nostro essere bambini.
Grazie zia, peccato che non hai convinto la tua sorella/figlia a portarci via.
Grazie nonna di avermi ospitato nella tua grande casa in campagna per tutte le estati dal pomeriggio in cui la scuola finiva al pomeriggio in cui il giorno dopo sarebbe reiniziata.
Quella casa come era non esiste più. Ma forse è giusto così. Farebbe male andarci senza te se fosse uguale.
Grazie che non lo volevi e lui non voleva venire in casa tua.
I mesi estivi erano i mesi più belli dell'anno.
Lontano dalla vita di cui ci si vergogna.
In campagna, da te.
Noi eravamo bambini normali, come tutti gli altri.
Io passavo le giornate con un arco fatto da me con l' elastico per le mutande e un ramo storto di un albero e una freccia finta e una penna di gallina in testa ed ero un indiano libero di andare dove volevo nei dintorni. Libero di stare a tavola anche in maniera non perfetta, libero di parlare e raccontare, libero di saltare, ballare, correre.
E poi ti favevo arrabbiare a volte e te dicevi che ti facevo scappare la pazienza. Io allora uscivo di casa e tornavo dopo un po' dicendo che ti avevo riportato la pazienza scappata e che l'avevo rincorsa per i campi e tu allora non eri più arrabbiata e ridevi, ridevi.
Nessuno si arrabbiava mai davvero.
Nessuno faceva paura.
Grazie anche al nonno che ci portava nei boschi a cercare i funghi o nel campo a coltivare i pomodori e a zappare gli ulivi. Sempre con la camiciola, come certi vecchi.
Adoravo la vostra non eleganza perfetta, il vostro vestirsi da persone semplici che contrastava con l'altra eleganza finta di esteriorità, non di interiorità.
Per questo il fuori non conta.
Fuori nessuno l'avrebbe giudicato male. Fuori era un uomo parfetto. Nessuno che non abitasse con lui riusciva solo a immaginare. Nessuno. Finto falso fino in fondo. Bisogna sempre guardare dentro e non il fuori. Forse è diventata una fissazione anche per questo.
Nonno perso per l'alzhaimer quando avevo 13 anni. Ma sempre presente.
I ruoli erano scambiati.
Tanta tenerezza nonno, tanta tenerezza.
Io nipote, tu nonno e tu pensavi il contrario. E mi chiedevi di prenderti in collo.
E io lo facevo e ti coccolavo un po'. Prima di riportarti a sedere sulla sedia davanti alla finestra da cui non so cosa vedevi.
E poi la mattina ti facevo la barba, col rasoio elettrico, tutte le mattine. Era compito mio farti la barba. Ed era piacevole. Tu che te la facevi fare. E ti muovevi come se fossi dal barbiere.
Quando te ne sei andato avevo ormai 22 anni. E la nonna dopo 10 anni con te così bambino era stanca. Ma poi è rifiorita. Non è cattiveria nei tuoi confronti. La tua vita era come ferma da 10 anni. Non so cosa tu possa aver veramente vissuto fino a 90 anni. Ma eri un nonno buono. Che non si arrabbiava mai. Come lo zio.
Questo ci ha salvati tutti.
Gli uomini non erano tutti uguali.
Abbiamo visto che esisteva altro.
E altro sono voluto essere.
La consapevolezza di questo altro è arrivata a 15 anni.
E tutta la prospettiva è cambiata.
Ma questa è un'altra storia.

Questi pensieri mi hanno accompagnato stanotte.
Una notte in cui non c'era posto per il dormire.
Perchè a volte bisogna mettere a posto qualche cosa.